Una distilleria old style su Islay


di Claudio Riva 7 maggio 2021

Sukhinder

“Non è mai stato un mio pensiero quello di aprire la mia distilleria ma di una cosa ero certo.
Semmai fosse capitato, avrebbe dovuto accadere su Islay.”

Trovarmi a discutere del come portare canna da zucchero fresca su Islay non era proprio il mio primo pensiero quando Luca Gargano mi ha offerto l’opportunità di intervistare Sukhinder Singh per parlare dei progetti della sua nuova distilleria, quella che sarà l’undicesima dell’isola di Islay.
Dal dopoguerra ad oggi la fama del whisky torbato ha percorso delle vere e proprie montagne russe. Grande successo negli anni ’60 e ’70, come contributo per i blended più che come imbottigliamenti diretti, poi la crisi degli anni ’80, che ha colpito molto duro quella che oggi come allora è considerata una comunità molto remota. Il cambio di marcia degli anni ’90 con la grande crescita di interesse verso i single malt non ha prodotto effetti immediati sull’isola e il whisky più morbido della terra ferma, dello Speyside, ha rubato altre quote ad uno stile più estremo e sempre più agonizzate. Prova ne è che nel 2005, è praticamente storia contemporanea, il gigante Pernod Ricard costretto dall’anti-trust a liberarsi di un po’ di distillerie decide di vendere Laphroaig, unica distilleria “torbata” nel suo portfolio e un sicuro malto impronta per il suo bestseller Ballantine’s.

“Siamo dei veri bevitori, siamo amanti del whisky, per noi tutto ha a che vedere con il sapore, con il gusto, con la qualità”

Quello che le grandi aziende non avevano capito, lo hanno raccolto con avidità gli appassionati. E lì è nato il mito della torba e un inarrestabile flusso turistico di malt maniacs che ha trasformato in pochissimi anni il panorama stesso dell’isola. È lì che qualcuno ha iniziato a crederci e a investire sull’isola, se è vero che alla fine dello stesso anno, nel dicembre 2005, è stato dato battesimo alla prima distilleria nata su Islay dopo 124 anni di sole chiusure. Kilchoman diventava ufficialmente l’ottava distilleria dell’isola e nel bel mezzo di uno schieramento di corazzate (Bowmore, Caol Ila, Lagavulin, Laphroaig) disegnava in modo molto chiaro quello che era l’unico futuro percorribile: una distilleria agricola che utilizzasse l’orzo dei propri campi, prodotto a km zero.

“Ci piacciono i distillati vecchio stile, le cose nuove sono buone ma c’è un po’ di unicità negli spirits old style”

È con questo sentimento nel cuore che i fratelli Singh hanno deciso di intraprendere la loro avventura da distillatori. Fondatori nel 1999 del rivenditore londinese Whisky Exchange, oggi punto di riferimento europeo e mondiale per il commercio di distillati e per il collezionismo, quattro anni fa dopo un viaggio in Scozia si sono trovati per la prima volta con il sacco vuoto, nessuna botte interessante da acquistare. E questo ha fatto scattare nella loro testa il desiderio di fondare la propria distilleria, un progetto che Sukhinder ci ha confessato di non aver mai avuto nel cassetto. Il loro business come commercianti andava a gonfie vele e non lasciava molto spazio per altre idee.

Ma di una cosa era certo: semmai fosse capitato, la loro distilleria avrebbe dovuto essere su Islay, tanto è grande il suo amore per l’isola, per il whisky, per la gente. E, per rispondere a chi lo ha accusato di voler solo sfruttare il brand “Islay”, che se si fosse accorto in un qualsiasi istante di non portare del bene all’isola allora si sarebbe fermato immediatamente, da qui nasce il desiderio di un progetto 100% environmentally-friendly. E, infine, che avrebbe fatto ogni possibile passo per produrre un whisky il più simile possibile a quei single malt del passato che tanto adora.

Ora, il produrre un malto old style, su Islay, nel terzo millennio, in pieno boom dello scotch è una impresa coraggiosa. Facile aggiungere un condensatore worm tub che tutti possano vedere, Sukhinder sa che il segreto non è lì ma che si trova principalmente in quanto accade prima della distillazione, nella scelta delle materie prime e nella fermentazione. Il pavimento di maltaggio è stato quindi un vincolo progettuale a cui non ha voluto rinunciare. Non un pavimento decorativo che potesse accontentare i turisti ma un processo produttivo che potesse realmente dare un contributo importante allo stile del whisky. Quando hai in mente di realizzare una distilleria da un milione annuo di litri che riesca a prodursi in casa malto per il 60-80% del tuo fabbisogno allora hai un grosso problema: ti serve davvero tanto spazio.

La ricerca della location è stata meno complessa del previsto, dopo aver visitato alcuni terreni sono incappati nella occasione che si presenta una sola volta nella vita. Appena fuori dall’abitato di Port Ellen, sulla via che porta verso Laphroaig, Lagavulin, Ardbeg, il Santo Graal per ogni appassionato di whisky e di Islay.

Un terreno ampio a sufficienza, racchiuso tra il mare e la strada, una tappa obbligatoria per chiunque volesse raggiungere le tre famose distillerie torbate, sia all’andata che al ritorno.
È stato amore a prima vista, il contratto di acquisto è stato firmato sull’impeto incontrollabile della passione, nonostante le ovvie difficoltà di accesso ad una sorgente d’acqua sufficiente per il loro fabbisogno. Sei su un’isola circondata da acqua ma per gli isolani e per le distillerie c’è carenza d’acqua. Il primo pensiero è andato verso la realizzazione di un impianto di dissalazione, ma poi ha vinto un approccio più tradizionale e – acquisiti anche i terreni verso l’entroterra – in collina verrà realizzato un reservoir, un bacino idrico artificiale che riesca ad alimentare la sete quotidiana della distilleria.

“Dimentichiamo gli alambicchi, dimentichiamo l’acqua: per me una delle cose più importanti è la fermentazione”

Poteva così partire l’iter per la richiesta delle autorizzazioni di quella che potrà diventare l’undicesima distilleria di Islay. Qui qualche mal di pancia si è fatto sentire. La comunità e il Council non hanno approvato il primo progetto, considerato un po’ troppo avveniristico, e hanno chiesto un adeguamento a quella che è lo stile architettonico classico delle altre distillerie dell’isola. Gli snervanti tempi dell’amministrazione pubblica e la pandemia che ha azzerato ogni possibilità di riunione, hanno dilatato a dismisura le procedure per l’autorizzazione, autorizzazione che alla fine è stata concessa a novembre 2020 ed è arrivata sulla scrivania dei fratelli Singh solo ad inizio febbraio 2021.

In questi quattro anni tutte le risorse si sono concentrate sull’ottenimento del semaforo verde da parte dell’Argyll & Bute council planning committee, inutile in questa fase chiedere quale sarà lo stile del loro whisky, quanti ppm avrà o il nome stesso della distilleria. Sono tutte scelte che vogliono condividere con chi assumerà il ruolo di distillery manager, una figura che è non è ancora stata individuata anche se alcune trattative sono in corso.

Ma per la fermentazione, come abbiamo già detto, si accetteranno pochi compromessi. La distilleria sarà attrezzata con due coppie di alambicchi che saranno alimentati con un wash prodotto nel modo più tradizionale possibile. I sedici washback previsti nel progetto sono davvero tanti per un milione di litri annui di alcol, il che rende evidente il desiderio ben espresso da Sukhinder di voler effettuare fermentazioni lunghe. Possibilmente con lieviti selvaggi, ci riferisce, ma le regole sanitarie britanniche ed europee mal vedono una proliferazione incontrollata di microrganismi in una “fabbrica alimentare” e sarà necessario trovare una soluzione intermedia. Probabilmente uno dei washback verrà utilizzato per la proliferazione onsite di un lievito selezionato.

Il “vecchio stile” arriva sino a sfiorare gli alambicchi. Tutti noi li vorremmo alimentati da una vivace e calda fiamma diretta, ma questo è un aspetto sicuramente non compatibile con l’anima ecologista della distilleria, cosa che li sta portando a valutare soluzioni tecnologiche avveniristiche che senza far uso della fiamma libera riescano a ricostruire le stesse condizioni del riscaldamento intenso e non uniforme che tanto sembra far bene alla struttura del distillato.

E questa è la parte classica. Sì, perché il progetto prevedere la realizzazione non di una ma bensì di due distillerie. Un po’ come sta facendo la distilleria Port Ellen, la seconda sarà una micro-distilleria sperimentale. Verrà installato un piccolo alambicco ibrido, adattabile alla produzione di diversi distillati, inizialmente pensato per la produzione di gin. Poi questa idea ha via via perso di intensità per lasciar posto al distillato che oggi ha un legame ben più intenso con le materie prime e con la fermentazione: il rum!

Ora pensare che si possa produrre un rum non da melassa sull’isola di Islay sembra una missione impossibile, ma a Luca Gargano sono bastati davvero pochi secondi per individuare l’unica soluzione possibile, il trasporto refrigerato di uno sciroppo ad alta concentrazione di canna da zucchero sarà in grado di legare in modo indissolubile i Caraibi con Islay.

Un sogno, per i fratelli Singh, per Luca, per tutti noi appassionati, che potrà prendere forma tra 18-24 mesi.

“Penso che Sukhinder abbia la stessa età che avevo io quindici anni fa quando avviai il progetto Rhum Rhum. Se ami il tuo lavoro, è quel momento della tua carriera in cui raccogliere nuove sfide.”

MAPPA DISTILLERIE DI ISLAY

Islay

Distillerie attive

1 - BOWMORE (1779)

2 - ARDBEG (1815)

3 - LAPHROAIG (1815)

4 - LAGAVULIN (1816)

5 - CAOL ILA (1846)

6 - BRUICHLADDICH (1881)

7 - BUNNAHABHAIN (1881)

8 - KILCHOMAN
Proprietario Famiglia Wills
Est.D Dicembre 2005
0.46 MLPA

Fondata nel 2005, è la prima distilleria ad aver aperto su Islay dopo oltre 124 anni di continue chiusure. Situata nella zona nord-ovest dell’isola è circondata da campi di orzo da cui ottiene parte del proprio fabbisogno di materie prime, il che le ha assegnato il nome di farm-distillery. I proprietari, la famiglia Wills, dopo i primi anni di incertezze riescono a far decollare il loro business al punto che nel 2019 la distilleria viene raddoppiata. Grazie ad un piccolo pavimento di maltaggio produce il 100% Islay, prodotto interamente sull’isola dall’orzo all’imbottigliamento.

9 - ARDNAHOE
Proprietario Hunter Laing
Est.D Ottobre 2018
0.9 MLPA

Nel 2013 Stewart Laing lascia le sue quote della Douglas Laing & Co al fratello e fonda la Hunter Laing & Co. Come molti imbottigliatori indipendenti, l’azienda soffre di un sempre più difficile approvvigionamento di botti di single malt e da qui nasce l’idea di creare una fonte autonoma, una propria distilleria. Notando la vertiginosa crescita di interesse verso l’isola di Islay, la scelta cade su una location a nord-est con una vista mozzafiato sul Sound of Islay e sui Paps of Jura. È l’unica distilleria di Islay dotata di condensatori worm tub.

Distillerie pianificate

10 - PORT ELLEN 
Proprietario Diageo
Est.D 1825
Closed 1983
Pianificata
Reopening 2022 ?

La distilleria iconica dell’isola di Islay, diventata famosa grazie alle 17 Special Release del proprietario Diageo, ha avuto un passato parecchio travagliato. Il suo carattere “sperimentale”, è la prima distilleria in cui è stato installato uno spirit safe certificato dalle Dogane, è la prima distilleria scozzese a sperimentare la distillazione a colonna con Stein e Coffey, non supera la crisi degli anni 80.Chiusa nel 1983, nel 1987 viene definitivamenteconvertita in malteria. Nel 2018 l’annuncio diDiageo di voler riaprire la distilleria, con un doppiocuore da distilleria tradizione e da micro-distilleriasperimentale, lascia gli appassionati sconcertati eincuriositi di conoscere le prossime mosse.

11 - SUKHINDER 
Ancora nessun nome
Proprietario Elixir Distillers
Pianificata
Opening 2023 ?

Ne abbiamo parlato in questo articolo.