Un pomeriggio con Paolo Brunelli
Alla scoperta del gelato (e dello zabaione) perfetti
Abbiamo incontrato Paolo Brunelli durante un assolato pomeriggio di fine marzo, e ne abbiamo approfittato per farci raccontare qualcosa di più sulla sua visione e sul cammino che lo ha portato ai vertici della gelateria.
È una splendida giornata di primavera quando Paolo Brunelli viene a trovarci nella nostra sede di Villa Nuovo Paradisetto. L’occasione è un laboratorio con lui, un confronto con i nostri prodotti per scoprire in che modo possano incontrare la sua arte.
Ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata a tutto tondo. Dopo la nostra intervista con Corrado Assenza, non potevamo lasciarci scappare l’opportunità di approfondire anche con Brunelli i punti di convergenza tra la grande pasticceria – e la gelateria - e i nostri prodotti.
Nel mondo della gastronomia, Paolo Brunelli non ha bisogno di presentazioni: con le sue gelaterie-pasticcerie d’autore, che sono diventate tre in poco tempo – a Senigallia, Agugliano e Marzocca, sempre nelle Marche – è ormai ‘il’ nome di riferimento per il gelato di elevatissima qualità, gelato che non ha nulla da invidiare ai piatti gourmet di alta cucina.
Un destino, quello che vede Brunelli protagonista nel mondo della ristorazione e dell’accoglienza, che sembra scritto nel Dna; anche se, come dice lui stesso, il suo rapporto con il gelato nasce “da un’incazzatura”. Paolo è infatti figlio d’arte, proviene cioè da una famiglia di ristoratori, ma fin da giovane cerca all’interno dell’azienda di famiglia uno spazio che non lo porti a ripercorrere le orme della madre, cuoca marchigiana doc. Ecco quindi che l’idea di dedicarsi al gelato arriva come una vera e propria rivelazione.
“Il mio percorso non è quello di un gelatiere canonico”, ci racconta. “Quando ho iniziato a fare que-sto lavoro, nei primi anni Ottanta, i corsi specifici erano davvero pochissimi; in più non esisteva In-ternet. Si trattava quindi di cercare in giro le informazioni e le cose da leggere. In contemporanea, avevo seguito delle strade diverse e inusuali, che poi mi sono servite a diventare il me stesso di oggi: per molti anni ho studiato sia musica che sommellerie, e sono riuscito a riportare entrambe queste conoscenze nel mondo del gelato.”
Nella visione innovativa di Paolo Brunelli il gelato è cultura, né più né meno di qualsiasi altro ingre-diente, pietanza o composizione, e come tale va integrato nella parte alta della gastronomia italiana e internazionale. Si tratta dunque di far capire che il gelato non è semplicemente un alimento riservato ai bambini o da consumare solo in estate, e superare di conseguenza i tanti pregiudizi che nascono soprattutto dai costi e dall’estrema popolarità del prodotto.
“Il gelato è una cosa magica, con una caratteristica su tutte a renderlo tale: il fatto che la sua imper-fezione estrema, ovvero lo scioglimento, sia proprio ciò che lo rende perfetto”, afferma Brunelli, e spiega meglio il concetto confrontando una degustazione di gelato con quella di un vino: “Al vino ci si può approcciare e poi riapprocciare, nel calice si riscalda, prende aria e cambia con il tempo; men-tre il gelato si scioglie e basta. Di conseguenza non riusciamo a fare delle degustazioni comparate o delle verticali come per il vino. Da qui nasce la mia ossessione degli ultimi vent’anni, scaturita infine nel progetto Slowcool”.
Ideato in collaborazione con l'architetto Riccardo Diotallevi, Slowcool è un contenitore stampato in polimero plastico per alimenti, dotato di un coperchio trasparente; si tratta in concreto di un vassoio termico che contiene te coppette di gelato, in pozzetti circondati da una miscela di acqua e glicole, che mantiene il prodotto in temperatura. Inoltre, non solo Slowcool è in grado di prolungare il tempo della degustazione di gelato, ma è anche un bell'oggetto di design, molto elegante.
Uno dei capisaldi per la creazione del gelato perfetto secondo Brunelli è l'altissima qualità delle materie prime scelte. “La cosa è nata in una maniera un po' particolare, a partire dagli anni Novanta”, ricorda. “Ho frequentato per molti anni il mondo di Slow Food, attraverso il quale ho avuto la possibilità di incontrare tanti agricoltori e piccoli produttori sconosciuti. Alcuni di loro hanno cominciato a contattarmi per chiedermi di fare un gelato con un determinato olio, o un vino, oppure un frutto particolare, e io mi sono fatto un po' loro portavoce. Immagina un piccolo produttore di olio che non ha i mezzi e la capacità comunicativa come la mia: se insieme inventiamo un gelato fatto con un olio particolare, magari di un piccolo frantoio del ragusano, riusciremo a farlo conoscere. Si tratta quindi di parlare di gelato riuscendo però nello stesso tempo a parlare di altre realtà”.

Il gelato di Paolo Brunelli è profondamente legato alla tradizione italiana, più fedele all'equilibrio dei sapori che alle sperimentazioni estreme. Per stupire il cliente, sceglie una mantecatura accurata, oltre alle materie prime d’eccellenza. In questo modo il gelato della tradizione incrocia il proprio cammino e si mescola alle sperimentazioni e alle contaminazioni tra caldo-freddo, dolce-salato.
Come ci spiega lui stesso, dal suo punto di vista, quando parliamo di gelato, ci riferiamo a quello della tradizione italiana, che Paolo definisce “il migliore in assoluto”. A caratterizzarlo tecnicamente, dice, è anzitutto un ingrediente nascosto ma fondamentale, al quale i consumatori non pensano: “L’aria. Un gelato senza aria non è un gelato, è tecnicamente un ghiacciolo. Se all’interno di un ghiacciolo inglobiamo nel modo giusto dell’aria, ecco che quel ghiaccio diventa fantastico, diventa un gelato”. E questo dimostra anche l’importanza dell’uovo come ingrediente, aggiunge, perché:
“Dal punto di vista artigianale, l’aria viene inserita all’interno solo con l’agitazione degli ingredienti, uno dei quali, forse il più magico di tutti, è proprio il tuorlo d’uovo. Per un certo periodo, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, è stato bistrattato, ma è il tuorlo d’uovo che riesce in maniera naturale a permettere al gelato di inglobare nel modo giusto l’aria, ed è l’aria che crea quella sensazione, quella texture, quella consistenza che somiglia a un velluto e che caratterizza il gelato come un prodotto unico sul piano internazionale. Ogni volta che parlo con i giapponesi o con gli americani, per esempio, mi accorgo che è questo che apprezzano soprattutto del nostro gelato: questa texture, che è propria della tradizione italiana”.
A seguire, il secondo ingrediente cardine è il latte, o meglio: il latte crudo:
“Il latte crudo è stato sdoganato fortunatamente un po’ di anni fa, e da allora tutti abbiamo la possibilità di utilizzarlo. La difficoltà di quando lavori con piccoli produttori è la reperibilità, ovvero la certezza di avere una fornitura costante. Per anni io ho utilizzato latte crudo insieme al latte di una cooperativa locale, adesso abbiamo un po’ più di difficoltà perché i numeri sono aumentati, però, se io devo fare un gelato al fior di latte, utilizzerò latte crudo senza bisogno di aggiungere nient’altro”.
Continuando a parlare di ingredienti, non possiamo che arrivare agli alcolici, con i quali l’arte di Brunelli ha un rapporto molto importante, soprattutto per quanto riguarda il mondo del vino:
“Tantissimi anni fa ad Agugliano, il mio paesino di provenienza, c’era una vecchia cantina gestita da mio zio, che era sommelier negli anni Settanta. Già allora si iniziava a ragionare e proporre dei vini legati al mondo naturale, ma la difficoltà era enorme: vent’anni fa, proporre dei vini naturali in un piccolo paesino della provincia marchigiana era abbastanza complicato, però, lo dico con orgoglio, io riuscivo a raccontarli uno per uno e avevo pochi selezionati estimatori. Nel mondo del gelato, invece, gli acidi sono inabbinabili per definizione; da sommelier e gelatiere, la sfida era abbinare un prodotto per me così importante e, quando l’ho fatto, dopo il vino è arrivata la birra e poi anche il tè, il caffè e i vermouth. Il mondo del gelato negli ultimi anni si è un po’ evoluto, si è modificato anche il gusto e, soprattutto, c’è stata un’evoluzione incredibile nel mondo del beverage. Ci sono vini che prima non esistevano, e la stessa cosa vale per i gelati. Il beverage è una possibilità di incontro, anzi di unione, come il pairing".
Per quanto riguarda l’inserimento vero e proprio dei liquori nei gelati, esiste un’enorme difficoltà tecnica, perché l’alcol ha un altissimo potere anticongelante, ci spiega Brunelli:
“È un po’ come mettere all’interno del gelato tantissimo zucchero. In più l’alcol in qualche maniera fa impazzire alcuni ingredienti, stracciandone le proteine, e quindi la tenuta del gelato ne viene destabilizzata. È proprio difficile fare del gelato alcolico in maniera degna. L’escamotage è quello di utilizzare tanto tuorlo d’uovo, che da sempre è utilizzato per fare lo zabaione. Poi ci sono ingredienti che prima non c’erano, che ci permettono di avere un legame naturale; e altri escamotage: per esempio il gelato al Negroni, che ho presentato un anno e mezzo fa circa, è un gelato di Vermouth con delle gelificazioni interne di Campari e Gin, ed è così che l’insieme riesce a richiamare il Negroni in un cono”.

La dimostrazione migliore Paolo Brunelli ce la dà preparando per noi uno zabaione eccezionale a base di Hampden DOK, con le uova di Paolo Parisi: una preparazione tradizionale, un grande classico della pasticceria, che riesce a salire di un gradino nella qualità assoluta.
Anche i cioccolatini sono straordinari: alcuni realizzati con acquavite Capovilla di pere Williams, altri con il RhumRhum.
Quando utilizza dei liquori un po’ blandi, Brunelli ci spiega come dare più forza aromatica senza aumentare l’alcol, in modo da non appiattire il gusto: tutto sta nell’arricchire il preparato con aromi concordanti. “Nel gelato all’alchermes, per esempio, diamo più forza aggiungendo aromi di arance e anice stellato”.
La curiosità ci colpisce inevitabile: ma esiste qualche ingrediente con cui non si possa proprio fare il gelato? Paolo Brunelli scuote la testa:
“Tecnicamente il gelato può essere fatto con tutto ciò che è commestibile, ma anche con ciò che non è commestibile. Si può distillare anche del legno, e qualche collega l’ha fatto”.
Dopodiché ci dice la sua opinione:
“Nella mia visione, il gelato dovrebbe sempre essere un abbraccio. Fare un gelato distillando la plastica è certo interessante dal punto di vista scientifico, ma non certo dal punto di vista dell’imprenditorialità e neanche da quello ‘caloroso’.”
Paolo Brunelli ha legato il suo nome a una crema che è diventata richiestissima nelle sue gelaterie: la crema Brunelli, appunto, nata dalla voglia di mettere all’interno di un gelato le cose più buone che aveva a disposizione in quel momento: nocciole piemontesi caramellate e cioccolato venezuelano in una base di crema pasticcera.
“La cosa più bella, per me, è che questo gusto è diventato patrimonio della memoria di tante persone a Senigallia: l’accostamento tradizionale è diventato cioccolato, nocciola e crema Brunelli, e questo vuol dire che tanti bambini di oggi, diventati grandi, ricorderanno questi sapori. Per me questo è bellissimo: far nascere dei gusti che diventano irresistibili.”
L’aggettivo ‘irresistibile’ torna spesso nelle parole di Brunelli, ed è un concetto davvero importante per la sua visione:
“In cucina, se ho bisogno di sapore, posso aggiungere il parmigiano, della pasta di acciughe o comunque quello che serve per stimolare il quinto gusto, l’umami: è questo che io definisco ‘irresistibile’. E nel gelato? Per esempio posso trovare l’irresistibile aggiungendo un uovo di Paolo Parisi. Io so che quell’uovo viene da una gallina allevata in una certa maniera, e che quindi ha sviluppato in qualche modo un concetto di umami in maniera naturale. Un risultato simile può essere ottenuto con alcuni vini invecchiati, ma anche con la fermentazione: il cioccolato è irresistibile proprio per via della fermentazione, quindi dobbiamo immaginare che il vino lo sia doppiamente, perché a questo processo aggiunge la componente alcolica. Ecco allora che, se in un gelato dal gusto non troppo marcato io aggiungo un vermouth particolare, il gusto potrebbe diventare irresistibile”.
La nostra giornata insieme volge al termine, per cui ci concediamo alcune domande meno tecniche, legate al primo amore di Paolo Brunelli, vale a dire la musica. Se il gelato fosse un genere musicale, quale sarebbe?
“Un po’ di anni fa l’ho fatto davvero”, sorride lui.
“Ho creato due carte diverse, una di gelati jazz e una di gelati rock. Un gelato alla crema come lo intendo io, per me è rock: è diretto, arriva subito, è di pancia. I gelati jazz sono più sottili ed eleganti, come per esempio uno zabaione con un vino millesimato o un vermouth particolare.”
“Ho sempre studiato musica, per me è importantissima”, conclude Paolo Brunelli. “La prima cosa che mi chiedo quando apro un laboratorio nuovo è sempre la stessa: dove metto lo stereo? Avrei voluto farlo di lavoro ma, quando ho capito che sarei stato un musicista di serie C, mi sono detto di no. Molto meglio fare il gelatiere di serie A.”