Renegade Rum: ispirazione francese, distillazione scozzese, 100% Grenada
Nata dal talento visionario di Mark Reynier e del suo team, la giovane distilleria di Grenada sta riscuotendo successi e curiosità per il suo approccio rivoluzionario alla produzione di rum. Per scoprirne di più abbiamo fatto due chiacchiere con Jane Nurse, che presso Renegade si occupa di Marketing & Sustainability Communication, e Mark Newton, Head of Brand.
La scelta di Grenada
Grenada è uno stato insulare molto piccolo tra Trinidad & Tobago e Saint Vincent e Grenadine, con appena 100 000 abitanti. A differenza di Giamaica, Barbados o Martinica, conosciuti per i loro stili peculiari di rum, Grenada con le sue dimensioni ridotte non ha mai esportato molto i suoi prodotti.
“Sull’isola ci sono soltanto tre distillerie”, ricorda Jane Nurse. “Oltre a Renegade Rum, che si caratterizza per i suoi impianti più recenti e moderni, ci sono River Antoine e Clarke’s. La distilleria Clarke’s è attiva con questo nome dal 1937, nonostante le sue origini siano molto più antiche; attualmente per i suoi rum utilizza melasse. Esistono anche alcune distillerie più piccole, ma la maggior parte della produzione è sempre stata locale e con pochissima esportazione.”
La storia di River Antoine, fondata 230 anni fa, è nota a tutti gli appassionati di rum: la distilleria più antica di Grenada è completamente electricity free, azionata solo dalla forza dell’acqua, della legna e dell’uomo, e per la produzione dei suoi rum viene utilizzato il puro succo di canna da zucchero, oltre a una piccola parte di melasse. La distilleria Clarke’s è attiva con questo nome dal 1937, nonostante le sue origini siano molto più antiche; attualmente per i suoi rum utilizza melasse.
Storicamente, Grenada è stata una colonia francese e inglese, caratteristica che si riflette nei nomi dei luoghi, che compaiono negli imbottigliamenti Renegade. “Questo si riflette anche nella nostra cultura di distillazione, dato che abbiamo un po’ tutto senza che un modo prevalga sull’altro, permettendoci così un approccio innovativo”, continua Jane. “Sì, il rum è nel nostro sangue e nelle nostre vene, fa parte della nostra tradizione. È soltanto in anni recenti, però, che Grenada è diventata nota nel mondo come produttrice di rum”.
“Grenada è un mosaico di terroir entusiasmante, con una vasta gamma di luoghi in cui coltivare la canna da zucchero”, ribadisce Mark Newton. “Era un po’ come una tela bianca: abbiamo dovuto iniziare a coltivarla noi stessi, come volevamo, nei luoghi che volevamo.”
Quando Mark Reynier, già fondatore della distilleria irlandese Waterford Whisky, arriva a Grenada, nel 2015, ha già cercato a lungo una distilleria di rum che valesse la pena di comprare: Fiji, Mauritius, Réunion, gran parte dei Caraibi. In ogni luogo, in ogni edificio c’è qualche problema; o forse, semplicemente, non scatta quella scintilla decisiva. “Mark si è subito innamorato di Grenada”, ci racconta Jane. “La prima cosa che ha notato di questo luogo è il suo paesaggio, così incredibilmente variabile. Qui il terreno può essere molto ripido, e in uno spazio di cinque chilometri puoi andare dal livello del mare fino a 800 metri di altitudine, passando per varie aree climatiche”.
L’importanza del terroir
“A Grenada abbiamo davvero una spettacolare gamma di altitudini, microclimi e suoli”, conferma Mark Newton. “Dai pendii neri costellati di alberi da frutta della nostra farm a Plains fino ai terreni vulcanici e granulari di Antoine; dalla varietà di suoli e varietà di canna di New Bacolet ai ricchi terreni alluvionali di Hope. Ognuno di questi possiede una forte personalità. È davvero raro trovare nel mondo una tale diversità, così accentuata, dei terroir – parola che i grandi produttori di vino francesi utilizzano per descrivere l’unione di luogo, microclima e suolo che si uniscono per dare forma allo sviluppo e agli aromi di una pianta.”
“A volte le persone ci chiedono, ma come si fa ad avere così tanti terroir in un territorio così piccolo?” sorride Jane. “Ogni farm può avere dai due ai sei terroir diversi, e ognuno a sua volta può avere diversi fields, da uno a cinque, a seconda delle dimensioni. Non siamo gli unici produttori di rhum agricole, e non siamo certo i primi a sottolineare l’importanza del terroir: la cosa davvero inconsueta è che abbiamo 14 farm diverse lungo l’intera costa. In ognuna di queste la canna da zucchero viene coltivata da noi, e siamo sempre noi a effettuare il raccolto, il tutto in un’unica distilleria. È un processo graduale, in cui impariamo man mano che continuiamo a coltivare e produrre le nostre cose.”
Alcune delle farm sono molto vicine al mare, esposte all’oceano Atlantico e costantemente attraversate dalla brezza marina, mentre quelle più a sud sono più protette, verso l’interno, e presentano anche un suolo ricco di ferro. Renegade Rum Distillery ha da poco iniziato a comprare anche territori più a nord: in totale sono 260 gli acri acquisiti negli anni (equivalenti a oltre 105 ettari), con l’intenzione di arrivare ai 300 entro breve. I contratti con i proprietari terrieri hanno una durata di cinque anni.
"Il terroir rappresenta l'influenza tridimensionale del suolo, del clima e del luogo sulla crescita di una pianta”, continua Mark. “Come qualsiasi altra pianta, anche la canna da zucchero viene influenzata dal luogo e dal modo in cui viene coltivata. È così per l’uva e per il vino – persino per il cognac, per il quale il terroir è definito dalla legge; è stato scientificamente provato per l’orzo e il whisky single male. Perché dovrebbe essere diverso per la canna da zucchero e il rum?”
La sfida è quella di creare un rum ricco di aromi intensi, e nella visione di Renegade Rum questo comincia dal terroir.
“Vogliamo esplorare tutti i più diversi aromi della canna da zucchero, terroir per terroir, field per field, distillati come un’unità precisa e distinta dalla canna alla botte”, afferma Mark. “Questo è un elemento costitutivo per Renegade Rum. Ma che cosa succede se mettiamo insieme questi singoli blocchi, sovrapponendo ogni terroir a un altro, con espressioni provenienti da diversi tipi di distillazione –double pot, retort, a colonna in small batch – per creare delle espressioni di rum che siano il massimo della complessità? Questa è esattamente la stessa metodologia dei più grandi produttori di vino del mondo”.
i benefici per grenada
Lo sviluppo di Renegade Rum Distillery sta portando concreti benefici anche all’economia e all’agricoltura di Grenada, tuttavia le cose non sono andate subito lisce.
È Jane a raccontarci i difficili inizi:
“Quando abbiamo cominciato, la nostra idea era di fare come è accaduto per la nostra ‘sorella’ Waterford Whisky, vale a dire trovare dei coltivatori locali cui avremmo fornito le varietà specifiche di canna che avevamo importato da Barbados, in modo tale che avremmo avuto degli ibridi puri, e avremmo saputo esattamente da dove venivano. Al tempo io non ero ancora arrivata, ma abbiamo capito molto presto che sarebbe stato complicato trovare persone motivate a coltivare di nuovo la canna da zucchero. La produzione aveva cominciato il suo declino nel corso degli anni Ottanta, con molti zuccherifici chiusi; l’unico produttore rimasto su una scala che fosse un po’ più ampia era River Antoine.”
Grenada è conosciuta principalmente per le spezie, tant’è vero che la noce moscata è persino presente sulla sua bandiera nazionale. Ci sono anche coltivazioni di cocco e banane, ma dopo un devastante uragano nel 2004 ci sono voluti quasi dieci anni per riparare gli innumerevoli danni e ricominciare una parvenza di normalità.
“Decisamente quando abbiamo cominciato le persone intorno a noi erano un po’ scettiche”, prosegue Jane. “Si chiedevano: ma chi sono questi pazzi che cercano di rilanciare la canna da zucchero? C’è anche da dire che storicamente questa coltivazione è legata alla schiavitù e alla tratta degli schiavi, quindi parliamo di un argomento di grande impatto emotivo. Oggi, dopo 5 o 6 anni, le persone hanno cambiato idea, anche vedendo l’impatto strutturale sull’economia. Possiamo dire che il team è composto da persone di Grenada per il 95/99%: oggi Renegade non è solo la distilleria più grande del paese, ma anche uno dei datori di lavoro principali insieme a River Antoine”.
i 5 pilastri del rum
L’obiettivo principale di Renegade Rum Distillery è quello di creare un rum che possa essere preso sul serio allo stesso modo dei più celebri single malt del mondo. Abbiamo cercato di analizzare nel dettaglio insieme a Nurse e Newton i pilastri che formano il rum: materia prima, fermentazione, distillazione, assemblaggio e invecchiamento.
La materia prima
La materia prima è la regina assoluta, come affermano perentoriamente Jane e Mark. Quest’ultimo prosegue: “La canna da zucchero è la naturale fonte aromatica del rum. Le melasse sono un sottoprodotto della produzione di zucchero, ed è impossibile sapere da dove provengano le canne d’origine, per cui la provenienza è ignota. Noi abbiamo scelto di usare la canna da zucchero per il sapore naturale del rum, per la tracciabilità e, altrettanto importante, per esplorare i diversi terroir di Grenada.”
“Il raccolto viene effettuato a mano”, spiega Jane. “Ci assicuriamo che tutta la materia prima venga lavorata entro 24 ore dalla raccolta, perché il succo di canna fermenta rapidamente, e per avere la qualità migliore dobbiamo avere la canna fresca. Noi utilizziamo solo puro succo di canna, non lo facciamo bollire e non lo trasformiamo in sciroppo: questo ci permette di mostrare tutte le sue nuance e la sua freschezza”.
La fermentazione
L’approccio di Renegade Rum alla fermentazione è molto inconsueto rispetto a quello abituale nel mondo del rum, perché utilizza impianti di fermentazione chiusi orizzontali.
“Ogni scuola ha il suo approccio, che si parli di fermentazione naturale o selvaggia”, ci racconta Jane. “Per noi la cosa importante è che abbiamo un processo igienico e pulito, in modo da conservare la separazione tra i terroir. Non vogliamo contaminare in nessun modo campi differenti, farm differenti o varietà di canna differenti, per cui utilizziamo 6 diversi impianti di fermentazione, ciascuno dei quali viene riempito separatamente e poi pulito dopo l’uso, in modo tale che il processo successivo ricominci in un ambiente pulito. È così che riusciamo a rappresentare le diverse nuance di ogni terroir, con una produzione separata in batch. Personalmente non ho mai visto questo livello di dettaglio e precisione: è un processo piuttosto rivoluzionario nel settore.”
La fermentazione ottenuta in questa maniera è diversa rispetto a quella verticale: in quest’ultima di solito la pressione aumenta e i lieviti tendono a cadere sul fondo, facendo sì che si riattivino processi che generano componenti aromatici che noi vogliamo evitare. “Con la fermentazione orizzontale abbiamo meno pressione osmotica, e si crea un ambiente ottimale per i lieviti”, dice Jane.
“Il succo viene fatto girare costantemente, di modo che il lievito resta sospeso, a una temperatura intorno ai 46°, stabilizzandosi e diventando inattivo. Prendiamo campioni di lievito ogni 3 o 4 ore per assicurarci che sia sempre inattivo, in modo da evitare componenti aromatiche indesiderate.”
La distillazione e l’assemblaggio
Quando Mark Reynier si è trovato ad affrontare la questione distillazione, è stato inizialmente influenzato dal suo background nel mondo del whisky, e sulle prime ha pensato esclusivamente a un double retort copper pot still tradizionale. “Mark è andato da Forsyths, in Scozia, e ha commissionato un alambicco su misura, disegnato appositamente, della capacità di 11 000 litri”, racconta Jane.
“Quando gli hanno proposto anche un alambicco a colonna all’inizio ha risposto negativamente, perché lo associava principalmente a un processo industriale, poi per fortuna ci ha ripensato. Proprio per il fatto che, quando processiamo il distillato, lo facciamo sempre separatamente per ogni campo, ogni terroir e ogni farm, così siamo riusciti a usare con efficienza anche l’alambicco a colonna, che ci ha permesso di avere una maggiore diversità. Perché sì, è il terroir che conta, ma l’obiettivo principale è la complessità nella cuvée e nell’assemblaggio. Più variegati sono gli ingredienti che abbiamo a disposizione, per così dire, maggiore complessità e ricchezza potremo creare nel lungo termine, e avere un pot still e un column still ci ha permesso di creare ancora più diversità nella nostra produzione.”
“Non si tratta di una distillazione continua per ottenere un volume, ma di una distillazione come quella del pot still, terroir per terroir”, sottolinea Mark Newton. “Ognuno di questi ci regala un peso differente – gli aromi sono gli stessi, semplicemente sono espressi in maniera diversa – uno più pesante (i bassi), l’altro più leggero (gli acuti). Possiamo far passare lo stesso terroir nel pot still e nella colonna: un esperimento notevole! Ognuno di essi è gradevole di per sé, come componente singolo, ma quando il Distillery Manager Devon Date inizia a mettere insieme questi rum differenti – diversi terroir e diversi tipi di distillazione, maturati nelle migliori botti di rovere francese e americano – allora davvero vengono fuori rum di grande e profonda complessità e armonia”.
E proprio uno dei personaggi principali nella nascita della distilleria è stato il Distillery Manager Devon Date, che è stato direttamente coinvolto in ogni processo: installare il mulino, mettere a punto gli impianti di fermentazione, installare e gestire la distillazione e gli alambicchi. Devon ha anche selezionato un team molto giovane: “Credo che oltre la metà delle persone impiegate presso Renegade Rum abbia meno di 35 anni”, sottolinea Jane.
“Si tratta insomma di una distilleria molto giovane. Sono state impiegate anche molte donne, non per una questione di quote rosa, ma semplicemente perché erano le migliori candidate. Mark ci ha dato insomma un’opportunità di sperimentare, e Devon ha offerto a questi giovani distillatori e distillatrici l’opportunità di imparare tutto su entrambi gli alambicchi partenza da zero. Queste persone sono state assunte durante i lavori di costruzione della distilleria, per cui secondo me c’è davvero un legame molto stretto tra di loro e con il luogo. Nessuno di loro aveva esperienze dirette di distillazione, e Devon ha cercato di far sviluppare in loro una creatività e una filosofia personale di lavoro: per questo è sorprendente vedere quanti risultati siano stati raggiunti in soli due anni, con un team così giovane a cui è stata data l’opportunità di crescere.”
Invecchiamento
Una volta distillato, il rum Renegade viene solitamente tagliato tra il 78 e l’85%, e poi viene conservato in cisterne IBC (Intermediate Bulk Container) per la produzione di rum bianco non invecchiato per 2/6 mesi, durante i quali viene portato gradualmente al grado di imbottigliamento.
Per il rum destinato all’invecchiamento, a questo punto, comincia un altro viaggio.
“Usiamo rovere americano originario del Tennessee o del Kentucky”, elenca Jane, “ma anche molti tipi di botti pregiate che hanno contenuto vino rosso francese, per esempio botti di Château Lafitte e Château Latour, perché Mark Reynier ha lavorato anche nel mondo del vino, come importatore e proprietario. Usiamo anche botti di rovere vergine americano e colombiano. Per noi la qualità è davvero un pilastro fondamentale, e l’investimento nelle botti costituisce probabilmente la nostra maggiore spesa.”
Per quanto riguarda l’invecchiamento tropicale, l’Angel’s share annuale è intorno al 6/8%. “Il nostro obiettivo originario era quello di fare invecchiamenti di almeno 3 anni”, ricorda Jane.
“Sono molto contenta che abbiamo avuto l’opportunità di cominciare il nostro brand con i rum bianchi e i pre cask, perché l’incontro dei terroir dona maggiore complessità e un aroma più vegetale. I risultati ottenuti hanno sorpreso noi per primi. Richiedono qualche spiegazione, ma appena i mixologist, gli chef e gli esperti capiscono, è davvero un’illuminazione.”
Il processo non è stato immediato o semplice, ma si è da subito incanalato su binari precisi, incentrati sull’importanza della qualità e sulla curiosità di vedere che cosa avrebbe potuto apportare ogni canna da zucchero da ogni terroir – sempre rigorosamente senza utilizzare zucchero o coloranti di alcun tipo.
“Soltanto nei prossimi anni, quando avremo più rum maturati, potremo dire con certezza quale sia il DNA di Renegade Rum”, afferma Jane. “Abbiamo cominciato a distillare da quasi 3 anni, per cui stiamo cominciando a ricevere i primi dati, ma ci vorrà almeno lo stesso tempo, se non 10 anni, per vedere se una determinata farm abbia davvero quel tipo di aroma oppure no. Anche le differenze stagionali tra effettuare la raccolta nella stagione secca o in quella umida possono influenzare l’espressione della canna da zucchero. Siamo davvero ancora agli inizi”.
La costruzione della distilleria: una vera avventura
Jane Nurse ricorda divertita le difficoltà che si sono presentate per la costruzione della distilleria. “Portare tutto a Grenada è stata una missione orrorifica!”, ricorda.
“Mark Reynier è arrivato nel 2015, il lavoro nelle farm è cominciato l’anno dopo, i lavori in distilleria sono iniziati tra il 2018 e il 2019, anno in cui sono arrivata io. Avevamo mulini dal Brasile, gli alambicchi dalla Scozia, il necessario per il sistema elettrico dal Sud Africa, e tutto è stato trasportato attraverso piccole stradine a nord dell’isola. È stato davvero folle, una volta abbiamo bloccato una città intera per passare.”
Gli edifici per la fermentazione e per gli alambicchi sono stati costruiti di pari passo all’arrivo delle attrezzature. “Quando sono arrivati gli impianti di fermentazione nessuno ne aveva mai visti prima di orizzontali”, ricorda Jane. “Entravano appena perché ci sono appena cinque centimetri di differenza con le misure della struttura: una sfida logistica enorme.”
La distilleria, ci racconta Jane, è paragonabile a un vero e proprio organismo vivente, che respira e si evolve per tutto il tempo. Il processo di apprendimento e di crescita nel team non è sempre facile, ma è continuo e stimolante per tutti.
Il concetto di CaneCode e l’importanza della tracciabilità
Nel mondo del rum uno degli annosi problemi per l’industria è sempre stato il fatto che i consumatori non sanno abbastanza del rum che acquistano: non sanno come viene prodotto, da dove viene, com’è stato invecchiato. “Il fatto è che nel passato la tracciabilità non era considerata importante”, spiega Jane. “Mark Reynier dice sempre che, se vuoi davvero apprezzare un prodotto, devi capire da dove viene e come è stato prodotto. È per questo motivo che abbiamo implementato il CaneCode, che porta al cuore della produzione.”
“Sì, ogni bottiglia di Renegade è dotata del proprio pioneristico CaneCode, che ne certifica l’origine e le caratteristiche”, racconta Mark. “Una volta inserito, il codice porta il consumatore a Grenada attraverso una serie di contenuti inediti specifici di quel preciso imbottigliamento. Grazie a una ricca fotografia e attingendo al nostro impareggiabile sistema logistico digitale contenente migliaia di dati, chi acquista una bottiglia può sfogliare mappe, vedere informazioni sul raccolto, visualizzare i dettagli della distillazione e scoprire il terroir su cui è stata coltivata la canna da zucchero. È persino possibile ascoltare i suoni della farm. Non lo facciamo solo per deliziare gli appassionati più curiosi, ma per garantire la più totale trasparenza, e dimostrare che cosa significa per noi la vera provenienza.”
“È insomma un modo per far crescere i bevitori insieme al brand, in modo tale che possano sperimentare la sua evoluzione”, chiosa Jane.
Il codice che si trova su ogni bottiglia va inserito qui: https://renegaderum.com/canecode/
Come bere Renegade
Per concludere il viaggio alla scoperta di Renegade Rum, Jane Nurse tiene particolarmente a spiegare quale sia il modo migliore per gustare questi rum particolari.
“I rum vogliono respirare come il vino”, racconta, “per cui è preferibile aprire la bottiglia e versare nel bicchiere, lasciando respirare il liquido per un paio di minuti, in modo da sentire i suoi veri aromi, dal vegetale al tartufo fino al salato. Ci piace inoltre trattare il rum come un whisky, per cui è possibile aggiungere un goccio d’acqua al bicchiere per renderlo più morbido al palato, dato che alcune persone non sono abituate alla gradazione cask strength.”