Tutti i segreti del barbecue

Un’intervista a Giacomo Guizzardi di Broil King
Giacomo Guizzardi distribuisce in esclusiva per l’Italia, insieme al padre Athos, il marchio Broil King, ovvero quelli che possiamo definire senza timore i migliori barbecue al mondo. L’incontro tra Velier e Broil King nasce dal desiderio di mettere insieme i nostri due mondi, per creare qualcosa di unico: rispettando in pieno la filosofia della Velier, abbiamo infatti iniziato a collaborare con questa azienda "ancora fatta di individui” per proporre una selezione di nostri prodotti di alta qualità da accoppiare alle migliori preparazioni al barbecue. Qui vi proponiamo un’intervista con Giacomo, per conoscere meglio il suo lavoro e il suo mondo: un esempio perfetto di eccellenza italiana.
Ci puoi raccontare dove e come nasce la tradizione di cuocere al barbecue? Come si passa dalle origini a oggi?
Dobbiamo partire dalla differenza sostanziale tra il barbecue e la griglia. Per ovvie ragioni la griglia è stata utilizzata come metodo di cottura fin dall'alba dei tempi, anche perché sottoporre il cibo al calore diretto ne esalta alcune proprietà organolettiche, oltre a portare un evidente effetto sanificante.
La griglia fa parte in un certo senso del nostro DNA: presso ogni popolo, in ogni continente, è sempre stato presente l'istinto di mettere il cibo sul fuoco. Nel corso dei secoli è poi avvenuta un'evoluzione, un po' difficile da tracciare con precisione nella storia, che ha portato dalla cottura sulla fiamma viva all’utilizzo della brace della legna. Nel tempo poi, con l'ausilio di sistemi come piccole coperture in terracotta, la carne ha cominciato a essere sottoposta a una tipologia di cottura più lunga e a temperatura più bassa, per cercare di utilizzare per intero anche quelle parti dell'animale non facilmente consumabili, come per esempio le parti più tenaci alla masticazione.
Nella storia del barbecue come lo intendiamo noi – vale a dire lo specifico strumento dotato di coperchio - esiste poi un turning point importantissimo, a Chicago negli anni Cinquanta: qui una persona, che lavorava in un ambito manifatturiero legato alla fabbricazione di boe, prese spunto dalla tecnica con cui gli indiani d'America cuocevano il cibo in pezzi interi, utilizzando il calore ai lati in una situazione sferica – nel loro caso un buco nel terreno. Questa persona cercò dunque di replicare le condizioni con l'ausilio di due semisfere e quattro gambe, iniziando a provare le cotture prima con l'utilizzo di legna, e poi di carbonella. Il barbecue moderno così come lo intendiamo noi, che in pochi decenni troveremo in ogni backyard statunitense, nasce da qui. Tutti i popoli, però, hanno una loro cultura di cottura alla griglia: ci sono per esempio enormi riferimenti nella cucina sudamericana, africana e orientale.
Secondo la tua lunga esperienza in Canada e USA, che cosa consumano abitualmente i locali insieme al barbecue? Nei Caraibi abbiamo l’esempio del Ti’ Punch, cosa possiamo dire di Canada e USA?
Non credo che ci sia un cocktail specifico, se non in base ad alcune diffusioni localizzate. Quello che è intrinseco al barbecue è sicuramente il momento conviviale della bevuta. Ogni barbecue, possiamo dire, funge anche da apribottiglie. La mia esperienza diretta in Canada è sempre stata legata a cocktail che avessero un richiamo a quello che stavamo cucinando: lo smokey è ovviamente un elemento molto importante ma non è l'unico, nei cocktail ho visto anche dei richiami a qualche marinata in agrodolce. Una tecnica meno frequente ma molto apprezzata, specialmente da chi se ne intende un po' di più, è quella di utilizzare il barbecue agli inizi della grigliata per preparare gli ingredienti per i cocktail da bere durante le cotture: la caramellizzazione degli zuccheri di un ananas o di un lime, per esempio, produce risultati molto interessanti.
A te cosa piace abbinare al barbecue? Puoi darci degli abbinamenti preferiti? Se dovessi scegliere il tuo piatto da barbecue con il tuo drink, quale sarebbe?
Il mio cocktail preferito è la Sicilian Lemonade di Fever Tree con il Bourbon, perché richiama fortemente la natura smokey e un po' vanigliata del Bourbon, ma insieme ha una freschezza delicata che pulisce il palato - cosa necessaria quando si parla di cotture molto lunghe, fatte magari con ausilio di sale, pepe, aglio ed erbe aromatiche. Per quanto mi riguarda, posso dire di essere cresciuto a whisky e Ginger Ale durante la cottura degli hamburger.
Ci fai un confronto tra i due metodi di cottura più famosi, cioè tra Low & Slow e cotture dirette? Noi siamo abituati alla fiamma alla brace a griglia aperta: quali sono le differenze nel lavoro a griglia aperta e chiusa?
Premettiamo che alcune tecniche di cottura sono state importate in Italia cambiando leggermente il significato dei termini, con l’obiettivo di renderli molto più espliciti per il pubblico italiano.
Sebbene non sia una traduzione letterale, con Low & Slow si tende a indicare la cottura indiretta, e con Grilling la cottura diretta. La differenza sta principalmente (come si può intuire dal termine) nella posizione del cibo in relazione alla fonte di calore. Nel caso della cottura diretta, il cibo è posto direttamente sopra la fonte di calore, viceversa nella cottura indiretta il cibo non viene mai posto direttamente sulla fonte di calore.
Il coperchio chiuso è sempre necessario, ma lo è in particolare per la cottura indiretta, poiché sfrutta solamente l’effetto convettivo del calore.
Quali sono i cibi che si cucinano in cottura indiretta?
Tutti i tagli di grandi dimensioni e tutti i cibi che hanno un alto contenuto di grassi. Nel primo caso, il fatto di non avere cibo posto direttamente sopra la fonte di calore permette di raggiungere il grado di cottura desiderato al cuore del cibo, senza bruciare l’esterno.
Nel caso delle carni grasse, invece, la cottura indiretta ci permette di cucinare perfettamente il cibo senza avere fumo e fiammate. Questo proprio perché, non avendo la fonte di calore direttamente sotto il cibo, i grassi che colano durante la cottura non si incendiano.
Tendenzialmente le cotture indirette vengono fatte a bassa temperatura per tempi più lunghi, da qui il termine Low & Slow. L’aspetto più interessante di questa tecnica è il fatto che non è assolutamente necessario supervisionare la cottura o tantomeno girare il cibo, proprio perché è il calore che gli gira intorno.
Anche nel Grilling - o cotture dirette - è assolutamente necessario chiudere il coperchio. La cottura diretta eseguita con coperchio chiuso è infatti l’evoluzione della cottura sulla brace, che portiamo avanti da millenni. I vantaggi principali che otteniamo facendo una cottura diretta a coperchio chiuso sono l’uniformità del calore su tutta la superficie del barbecue e soprattutto un potere di penetrazione del calore notevolmente maggiore.
Se concettualmente la cottura indiretta replica un effetto forno, quella della cottura diretta a coperchio chiuso simula l’effetto di un fornello dentro a un forno, proprio perché abbiamo sia un forte irraggiamento di calore direttamente sotto al cibo che l’effetto convettivo del coperchio chiuso.
Questo ci permette di cucinare una costata di 1.8 kg in 8 minuti, portando il cuore della carne al grado di cottura desiderato, ogni volta.
L’aspetto più importante della cottura al barbecue è il controllo della temperatura. Questo elemento ci garantisce la ripetibilità e la prevedibilità tra le cotture.
Come mai storicamente in Italia si usava di più la legna, e da dove arriva l’utilizzo del carbone per il barbecue?
La legna ha un utilizzo intuitivo ed è a disposizione di tutti, ma è vittima di alcuni falsi miti, non ultimo quello per cui viene considerata 'naturale': a parte il fatto che alcuni alberi vengono trattati chimicamente, per cui di naturale non c'è molto, ma ne esistono anche alcuni che producono resine la cui combustione può emanare fumi nocivi.
Il legno richiede inoltre una grandissima esperienza nella cottura, proprio perché viene a mancare il controllo della temperatura.
Esiste una regola essenziale, che è quella di non cucinare mai con la fiamma ma con la brace, vale a dire quella parte di combustione che genera un calore più costante ma senza picchi, ed è legata alla famosa ricerca del controllo della temperatura. Esistono però anche moltissimi falsi miti legati al carbone, il cui utilizzo costituisce un'accelerazione rispetto alla legna. Il carbone vegetale, che ha avuto una grandissima diffusione nel corso degli anni, nasce con una funzione di praticità: rispetto alla legna, che genera un grande calore quando parte la combustione e poi si spegne, rendendo necessaria la supervisione per garantire il calore più omogeneo, il carbone ha un andamento lineare, parte lentamente, ha un picco e poi scende. È insomma molto più prevedibile e più facile da gestire.
Nei nostri 35 anni di attività di distribuzione e divulgazione, siamo partiti dalla legna, siamo arrivati al carbone e ci siamo fermati al gas.
Il gas, come sappiamo, ha purtroppo questa fama di essere una cosa industriale, sporca e artificiale, ma in realtà a livello chimico la cottura a gas è molto più salutare di quella a carbone o legna, dato che genera soltanto vapore acqueo e anidride carbonica. Ma soprattutto ci permette di gestire con facilità e precisione sia l’accensione che la temperatura di cottura, senza penalizzare in alcun modo il gusto.
Esiste un falso mito, soprattutto in Italia, che tutti abbiamo sentito almeno una volta dall'amico grigliatore o dal macellaio: “quando cucini un certo tipo di carne devi usare uno specifico tipo di legno, perché ti dà quel particolare profumo”. Se però seguiamo la regola principale, vale a dire di cucinare sempre sulla brace e mai sulla fiamma, quest’ultimo consiglio non ha senso, perché quando si arriva alla brace, che sia di carbone o di legna, la cottura è totalmente inodore e insapore.
L'aromaticità, insomma, non è un fattore decisivo per la scelta del legno, perché è presente solo quando c'è ancora la fiamma. Questo è un altro dei motivi per cui ci si è spostati sui più moderni barbecue a gas: non ci sono differenze aromatiche, le uniche cose che entrano in gioco sono la praticità e il controllo della temperatura.
Quello che i dispositivi moderni ci hanno permesso di fare è dividere i due ruoli che svolgeva la legna - quello di fornire calore e quello di conferire aromi e profumi - e andare a sostituire con gas o carbone soltanto il primo.
Usando un barbecue a gas abbiamo un calore assolutamente inodore e insapore, adatto per carni, pesce e dolci, ma abbiamo la possibilità di aggiungere delle chips di legno con la sola funzione di dare aroma. Questo ci permette di selezionare piccole quantità di legno certificato perfettamente idoneo alla cottura.
Si tende sempre a marinare la carne: è indispensabile oppure si possono fare cotture mantenendo la carne neutra?
La marinatura non è indispensabile; da noi in Italia, per esempio, gioca un ruolo marginale. La cottura al barbecue con coperchio chiuso, diretta o indiretta che sia, ci permette di avere un controllo della temperatura ottimale, che per noi italiani è un elemento fondamentale per esaltare il sapore intrinseco del cibo, valorizzando la qualità della filiera e la biodiversità.
Questa cottura, infatti, fa sì che grazie a una serie di processi si crei velocemente la croccantezza all'esterno del cibo, che ha l'importantissimo ruolo di vincolare i liquidi all’interno.
Durante la cottura andiamo a perdere soltanto i grassi trattenendo però i succhi del cibo, che ne contengono il sapore pieno; questo esalta l'umami, e ci permette di utilizzare tendenzialmente meno della metà del sale e dell'olio.
L'umidità e la morbidezza sono esaltate talmente che, quanto più si ha padronanza nella cottura e consapevolezza di quello che accade all’interno del cibo, tanto più la marinatura diventa un elemento aggiuntivo, non indispensabile. È comunque a mio avviso un elemento molto interessante da prendere in considerazione una volta che si sia ottenuta la padronanza nella cottura, sia che si tratti di marinatura a secco – rub – sia che abbia una base grassa o tannica.
Esistono preparazioni che non si possono cuocere sul barbecue?
Circa vent’anni anni fa abbiamo fondato la prima scuola di barbecue: con Igles Corelli, uno dei primi chef a credere con passione al mondo del barbecue, abbiamo sempre introdotto all'interno dei corsi qualche cottura che il pubblico non si aspetta, proprio per scardinare alcuni dei preconcetti che ci sono. In ognuno dei nostri corsi proponiamo un menù che va dagli antipasti al dolce, con portate che il pubblico non si aspetta come il pane, la pizza e perfino il risotto.
Per tutto quello che pensiamo non possa essere cotto direttamente sulla griglia perché, banalmente, troppo piccolo oppure troppo delicato, come ad esempio capesante e gamberi, esistono degli accessori come le piastre o i contenitori in ghisa, che permettono di cucinarlo.
Spesso, poi, se anche non c'è un motivo legato al gusto particolare che può dare il barbecue, si aggiunge un motivo di praticità: se devi preparare il ragù, la peperonata, la caponata, gli spezzatini in grandi quantità, puoi utilizzare per esempio un wok in ghisa, che si inserisce all'interno del barbecue, come fanno moltissimi utenti, che così risolvono anche il problema dell'odore in casa durante la cottura. Il barbecue non è solo lo strumento per una cottura specifica che mi dà un gusto unico, ma molto spesso è visto come una vera e propria estensione della cucina.
A livello mondiale, tolti gli USA, quali sono le nazioni a più alta densità di barbecue maniacs?
È davvero una cultura diffusa in tutto il mondo, ma in modo particolare direi nei paesi nordici dell'Europa, in Germania e in Inghilterra, dove si fa anche moltissima divulgazione.
Puoi descriverci un po’ il profilo e i fondamentali dei barbecue geeks?
È difficile da definire perché non c'è una persona specifica, anche perché barbecue significa tante cose; per esempio noi in Italia abbiamo sempre avuto una posizione abbastanza atipica rispetto agli altri. A noi non piace l'idea di prendere di peso una cultura specifica come quella statunitense e portarla qua in maniera acritica. Apprezziamo molto che il mondo sia pieno di culture, tradizioni e ingredienti differenti, ma da un punto di vista culinario noi siamo in una posizione molto interessante e privilegiata, specialmente per la relazione che abbiamo con le materie prime. Le persone a cui ci rivolgiamo noi in Italia in genere apprezzano lo strumento nordamericano, ma tendono a trasformarlo in un'estensione vera e propria della loro cucina, valorizzando così la nostra tradizione culinaria. Si può mangiare etnico magari qualche volta a settimana, per molti di sicuro non tutti i giorni, e noi abbiamo clienti che mangiano al barbecue tutti i giorni, proprio perché l'hanno reso uno strumento in più per la propria cucina. Esistono ovviamente anche in Italia i geeks, che vanno avanti replicando il disciplinare delle cotture e sono molto appassionati, ma il mercato è bello perché è vario.
Come possiamo capire se abbiamo di fronte un barbecue di qualità?
Nel corso dei nostri 35 anni di storia abbiamo distribuito moltissimi marchi, e noi stessi ci siamo trovati a dover sviluppare internamente un metodo per valutare un barbecue ancor prima di poterlo utilizzare.
Quello che consigliamo a chi si vuole avvicinare a questo mondo è prima di tutto di scegliere un barbecue che sia pratico sia nell’accensione che nell’utilizzo; per questo motivo sconsigliamo a chi è alle prime armi di partire con dispositivi a carbone e legna.
I barbecue più facili da utilizzare e pratici con cui iniziare, dunque, sono sicuramente a gas o a pellet.
Come facciamo a capire la qualità di un barbecue a gas?
Per prima cosa bisogna aprire il coperchio: dev'essere rigido e pesante. Svolge la funzione fondamentale di trattenere il calore all’interno della camera di cottura.
Un tip che possiamo suggerire è osservare con attenzione il fondo del barbecue, che si deve vedere a fatica per l’interferenza delle parti interne in metallo. Se riusciamo a vedere facilmente il fondo del braciere vuole dire che i componenti di metallo come le griglie sono leggeri, e questo è un grande indicatore che non si tratta di un barbecue performante.
Il ruolo del barbecue è trattenere il calore all'interno e farlo salire in modo uniforme. Un esempio in cui questo è molto evidente è la cottura della pizza. Una volta raggiunti i 350 gradi ci vogliono circa cinque minuti per cuocere una pizza, e si ottengono dei risultati davvero molto interessanti. Quando però apriamo il coperchio per togliere la pizza cotta, non essendo probabilmente pizzaioli professionisti, impiegheremo circa trenta secondi prima di riuscire a metterne un'altra in cottura. Qui, se il barbecue non ha una struttura pesante, con molto metallo, quando apriamo il coperchio possiamo perdere facilmente fino a 100°C, quindi tra una pizza e l'altra dovremo aspettare molto per farlo tornare a temperatura. Lo stesso principio lo possiamo applicare per bistecche e altre cotture ad alta temperatura.
Noi crediamo molto nelle tecniche di produzione e nella qualità delle materie prime, perché sono gli elementi che fanno la differenza nelle nostre cotture.
Proprio per questo proponiamo dei barbecue di qualità prodotti in Canada o negli Stati Uniti, progettati per essere molto performanti e durare decenni nel nostro giardino.
Ci capita spesso, con molto piacere, di sentire di clienti che cambiano casa e traslocano il barbecue ancora in ottime condizioni dopo tanti anni di utilizzo.
Abbinamenti: pairing tra cocktail e preparazioni al barbecue fatte insieme: quali e perché?
A me piace fare un richiamo all'affumicatura, oppure inserire degli ingredienti che sono stati preparati sul barbecue prima. Questa è la cosa che mi viene più naturale e mi è capitato di vederla spesso, specialmente in Canada. Una fetta di ananas grigliata, per esempio, con il suo strato di caramello, può essere inserita all'interno del cocktail, magari frullata o a pezzi, e dona un gusto veramente incredibile.
Un'altra cosa che ci piace molto sono le banane al rum nel barbecue. Si prende la banana intera con la buccia, vi si inietta il rum all'interno con una siringa, poi la si cucina finché la buccia diventa totalmente nera. A quel punto basta fare una leggera incisione e tirare fuori con un cucchiaio la purea di banana al rum così ottenuta. Un risultato incredibile per una cottura davvero elementare.
Stiamo vedendo che gli chef, stellati e non, si stanno orientando da anni verso il barbecue. Puoi raccontarci la tua esperienza di scambio con gli chef?
Abbiamo avuto la fortuna di iniziare la nostra esperienza con Igles Corelli, il primo grande chef che ha creduto nelle potenzialità di questo strumento. Igles si è avvicinato al barbecue quasi vent'anni fa. Nelle cucine dei suoi ristoranti e come docente alla scuola del Gambero Rosso ha sempre dedicato molto tempo alle sperimentazioni. Un aspetto su cui Corelli ha sempre insistito - sia per quanto riguarda l’uso del barbecue durante il servizio nel ristorante, sia per gli eventi all’esterno - è il concetto delle cotture perfette. Il fatto di avere questo precisissimo controllo della temperatura ha effettivamente fatto avvicinare molti grandi chef al barbecue. Del resto, se pensiamo che questi strumenti nascono per uso domestico, per cui sono molto semplici da usare, dobbiamo considerare che per gli chef esiste tutto il margine possibile per “re -inventare” e trasformare un ottimo piatto in un’opera d’arte. Pensiamo ad esempio a Massimiliano Alajmo, Massimo Bottura e molti altri, che hanno ottenuto in questo modo e con queste tipologie di cotture elementi gustativi e creativi incredibili. Il barbecue è uno strumento eccezionale e per questo ha conquistato anche l’alta cucina. La cottura indiretta lunga è molto interessante per preparare il cibo in grandi quantità, arrivando a un punto di cottura interno perfetto. Il cibo così ottenuto viene quindi spesso abbattuto, porzionato e conservato sotto vuoto. Nel momento in cui arriva la comanda si va a completare con la cottura diretta – il grilling – per ridare temperatura ed esaltare il gusto, ottenendo una eccellente esperienza sensoriale degustativa. Questa tecnica facilita il compito, ottimizzando i tempi senza penalizzare il gusto, la texture e le proprietà organolettiche degli ingredienti.