Dal Cubano al Toscano: i sigari in Italia dagli anni Novanta a oggi
Il sodalizio tra il buon bere e il fumo lento è una tradizione notoriamente radicata tra gli estimatori. Non a caso la Velier, occupandosi in particolare di rum, ha svolto un ruolo fondamentale nella storia del sigaro, che in Italia ha visto una vera e propria svolta a partire dagli anni Novanta.
Per parlarvene, abbiamo incontrato Stefano Fanticelli, presidente del club «Maledetto Toscano» e vecchia conoscenza in casa Velier.
I sigari cubani in Italia: il ruolo della Velier
La storia dei sigari cubani in Italia è segnata da una vera e propria svolta, legata proprio alla Velier.
Parliamo dell’epoca della movida del rum, ovvero degli anni Novanta del secolo scorso. Sono gli anni in cui ebbe vita un autentico fenomeno di costume, che portò un’intera generazione di giovani non solo a scoprire il mondo del rum, ma anche a conoscere più da vicino la cultura dei paesi caraibici, la loro musica, le loro danze. Si ebbe anche un boom del turismo italiano nei Caraibi, e specialmente a Cuba. E fu quindi in questo clima di attenzione crescente per la cultura cubana nella nostra penisola che inevitabilmente nacque anche un’associazione immediata: quella tra rum e sigari.
Da qui ebbe luogo il coinvolgimento attivo della Velier nel mondo della fumata lenta.
Dato questo interesse crescente, infatti, negli corso degli anni Novanta in Italia venivano organizzati molti eventi con degustazioni di rum e sigari, eventi ai quali la partecipazione della Velier era inevitabile, per via della sua attività di ricerca nel mondo del rum.
Tra gli amatori di sigari con cui il presidente della Velier Luca Gargano entrava in contatto in quegli anni c’era in particolare Andrea Vincenzi, giovane appassionato di vini e di gastronomia, che coinvolse la Velier in una serie di degustazioni con fumate di sigari cubani, degustazioni esclusive che si svolgevano perlopiù nei locali di tendenza.
Introdotti nella nicchia dei pochi appassionati italiani, Luca Gargano e la Velier entrarono dunque in contatto con i maggiori esperti italiani di sigari, come Andrea Molinari, amministratore delegato della Lauda Air, o anche Stefano Fanticelli, futuro presidente del club “Maledetto Toscano”.
L’importazione dei sigari cubani in Italia era però all’epoca piuttosto relativa. Va ricordato infatti che il nostro Paese è stato l’ultimo in tutta Europa a dismettere il Monopolio di Stato, e proprio su imposizione della Comunità Europea, e anche con la fine del Monopolio e la nascita dell’ETI, l’Ente Tabacchi Italiano, di fatto non si erano visti veri cambiamenti sul piano pratico: e così il sigaro cubano, come accadeva già con il Monopolio, continuava ad avere solo una piccola presenza all’interno del mercato italiano. Ancora nel 1999, erano pochissime le vitolas di Habanos che venivano importate.
Per questa ragione, nel corso degli anni Novanta, pur crescendo come dicevamo l’attenzione verso il tabacco di lavorazione caraibica, i veri appassionati compravano i sigari in Francia, Svizzera, Spagna o direttamente a Cuba. Gli stessi organizzatori delle degustazioni portavano i “pezzi” acquisendoli soltanto personalmente nel mercato estero.
Per importare i sigari direttamente in Italia, l’amministratore delegato della Lauda Air Andrea Molinari aveva avviato una trattativa con il governo cubano, e lui stesso propose alla Velier di occuparsi della distribuzione, in caso di successo delle trattative.
Queste ultime non furono però affatto facili, dal momento che anche le istituzioni italiane rendevano complicata l’importazione al di fuori del Monopolio. Ci sarebbero voluti quasi due anni e molti viaggi a Cuba prima di raggiungere lo scopo.
Sul piano istituzionale, gli incontri si svolsero direttamente con Fidel Castro, ma anche con don Alejandro Robaina, un nome che gli appassionati di sigari conoscono bene. Come racconta Luca Gargano nel suo memoir:
«Don Alejandro è un ottantenne con il viso solcato dalle righe e gli occhi vispi di un ragazzino. Da prima del governo di Fidel Castro è proprietario del tabacco nella regione di Vuelta Abajo, e con Fidel al potere è uno dei pochi che sia rimasto nella sua proprietà, a continuare il suo lavoro, anche se è diventato di fatto un impiegato con un guadagno statale. È l’unico a cui Castro abbia concesso l’onore di avere il suo nome e cognome per la marca di sigari a lui dedicata».
Nonostante l’intesa immediata, non mancheranno le complicazioni, il che porterà le trattative fino al nuovo millennio, quando finalmente l’importazione comincia.
Il 12 marzo 2000 viene costituita la società Diadema, con sede in via Byron 14 a Genova, nell’allora sede della Velier, al piano superiore, con presidente Andrea Vincenzi.
Velier diventa così l’agente generale dei sigari cubani in Italia, dando vita a un nuovo e rinnovato interesse italiano per la fumata lenta, con il coinvolgimento di diverse autorità in materia, e con scopo, anche didattico, di far conoscere grandi sigari fino a quel momento sconosciuti nel nostro territorio.
L’eccellenza italiana: il mondo dei Toscani
In questo contesto, la strada della Velier si incrocia con quella di appassionati di sigari non solo cubani, come per esempio Stefano Fanticelli, come si accennava, che presto dirotterà la sua attenzione personale al sigaro italiano per eccellenza: il Toscano: «Ci viene l’idea di dedicarci quasi interamente al sigaro Toscano», ci racconta Stefano, «circa due anni dopo aver conosciuto Andrea Molinari, che nel maggio del 1997 aveva fondato Cigar a Milano».
Ed è così che, pochi mesi prima che nasca la società Diadema, a Foiano della Chiana nasce anche il club “Maledetto Toscano”, del quale Stefano è oggi presidente.
“Maledetto Toscano” nasce anzitutto per volontà di Roberto Fanticelli e di Aroldo Marconi, ed è il primo club dedicato al sigaro italiano. Ma non soltanto al sigaro: «Negli anni ci siamo dedicati alla cultura del tabacco con un’apertura a 360°, anche per esempio verso l’arte», continua Stefano. Non mancano infatti anche i concerti dal vivo, come la musica di Ennio Morricone, chiamata in causa per via dei sigari fumati da Clint Eastwood nei film western di Sergio Leone, dei quali Morricone firmava le colonne sonore; ma gli interessi del club vanno oltre la diretta associazione con i sigari, toccando in generale la cultura italiana e spiccatamente toscana, per esempio con la musica operistica di Puccini, Verdi e Mascagni; l’arte pittorica di Franz Borghese e Antonio Possenti; e soprattutto le innumerevoli letture della Divina Commedia, fatte per omaggiare: «il “maledetto” per antonomasia: Dante Alighieri», spiega Fanticelli, «che spicca nel logo del nostro club, dove si vede il diavolo che gli accende un sigaro».
La sede del club ha una sua precisa ubicazione. In Val di Chiana si coltiva infatti il tabacco Kentucky da oltre cento anni. È una tradizione che ha del romanticismo, anche perché inizia con la storia di un sigaro ufficialmente “nato per sbaglio” nel 1815.
La vicenda legata alla nascita del sigaro Toscano è nota: inizia con una partita di tabacco che, dopo essere stato accidentalmente bagnato da un acquazzone nell’estate del 1815, fu messo ad asciugare con l’idea di produrre sigari di basso costo. Ma questi, una volta prodotti, contrariamente alle aspettative incontrarono subito il favore dei fumatori, dando appunto vita a un sigaro originalissimo.
Le prime vere coltivazioni sperimentali del tabacco Kentucky in Val di Chiana risalgono solo al 1876, ci spiega Stefano Fanticelli, e solo alla fine dell’Ottocento diventeranno regolari, insieme a quelle della Val Tiberina.
Da questa crescita delle coltivazioni regolari nascerà la necessità di creare un sito che potesse contenere le preziosissime foglie. E così, nel 1901 a Foiano della Chiana, si costruisce l’agenzia Coltivazioni Tabacchi, che vede la sua apertura nel 1903.
Oggi, all’interno del già fiorente mercato del tabacco, il sigaro Toscano continua a essere un’eccellenza del made in Italy esportata in tutto il mondo. Così, per esempio, appena lo scorso settembre, l’Antico Toscano è stato eletto “Best cigar other countries” durante la Cigar trophy award ceremony 2022, indetta dalla rivista internazionale «Cigar Journal».
Un sigaro unico al mondo
Fin dalle origini, i metodi di coltivazione e lavorazione dei toscani restano sempre gli stessi. Il tabacco coltivato ed essiccato viene consegnato a Foiano della Chiana, e poi smistato nelle due Manifatture: una a Lucca, dove si fanno i pezzi lunghi, dei quali una piccola percentuale anche a mano; e un’altra a Cava dei Tirreni, in Campania, dove si realizzano i toscanelli, cioè gli ammezzati e gli aromatizzati.
Nei decenni, nulla è cambiato. I problemi sorti di recente sono semmai quelli legati al clima e – di conseguenza – alle coltivazioni: «Le condizioni climatiche degli ultimi cinquant’anni hanno molto condizionato le colture», ci spiega Fanticelli. «Nel tabacco il clima influisce soprattutto per quanto concerne la combustibilità, che è la prima peculiarità che deve avere questa foglia, per la realizzazione dei sigari».
Ed è anche per preservare e custodire questo bene prezioso che, nella sede di “Maledetto Toscano”, è stato appena inaugurato un vero e proprio caveau, dove il club ha deciso di conservare i pezzi più pregiati, esemplari d’annata, edizioni limitate e fabbricate a mano.
Spiega Fanticelli: «La nostra raccolta di pezzi unici, di pregevoli sigari toscani in edizioni limitate e non solo, che oggi custodiamo nel nuovo caveau, è iniziata dalla fine degli anni Novanta. Per cui adesso ha oltre 25 anni. In totale il caveau custodisce oggi circa 8.000 pezzi, di cui circa 800 Moro. I più pregiati sono ovviamente fatti a mano, partendo dal sigaro Originale, che si trova anche in tabaccheria, certo, ma che noi abbiamo affinato per vent’anni. Si passa poi al Selected, al Millennium di varie annate, per arrivare al toscano Magnum, il pezzo più pregiato proviene da una produzione iniziata nel 1999 da una sola sigaraia, che si chiamava Liliana Bucci; è uscito nel 2000 in 2300 esemplari, noi ne abbiamo collezionati sia dell’annata 2021 che della 2022, con la produzione salita in quest’ultimo anno a oltre 10.000 unità. La collezione ci permette di effettuare verticali di questo grande sigaro, per valutarne l’evoluzione nel corso degli anni, con le innumerevoli variabili che un sigaro può portare».
Cosa bere durante una fumata lenta
Quando gli chiediamo di parlarci degli abbinamenti tra sigari e drink, Stefano Fanticelli mette giustamente subito le mani avanti: «Questo tema è molto complesso, per me ha rappresentato e rappresenta un percorso molto lungo, a cui ho dedicato oltre trent’anni della mia vita».
Ma ci tiene anche a precisare che: «di per sé la parola “abbinamento” non mi piace: è un termine che fa pensare agli accostamenti tra oggetti di arredamento o tra i colori dell’abbigliamento. Quando parliamo di gusto e olfatto, le variabili sono tante, non solo per quel che riguarda i mondi sterminati della fumata lenta, da un lato, e di tutto quello che potremmo mettere nel bicchiere, dall’altro; ma anche per via del proprio background, del palato personale e, diciamolo, anche del portafogli, perché spesso un distillato, un vino o un sigaro possono avere delle variabili di prezzo estremamente ampie».
Inizialmente si potrebbe fare una grossa divisione generale, separando anzitutto le varie categorie l’una dall’altra, anche perché proprio Stefano Fanticelli conduce spesso degustazioni in cui il sigaro viene accostato a prodotti di diversa provenienza e tipologia, inclusi chinotto e birra.
Su questo è lui stesso a premettere che vale sempre la pena andare oltre gli accostamenti di pensiero più immediati.
Sappiamo per esempio che, nel mondo dei distillati, sia i bourbon americani che i single malt scozzesi di alta qualità hanno una grande profondità di gusto che, in base ai processi di aromatizzazione e affumicatura, li portano notoriamente a sposarsi in modo perfetto con una buona fumata lenta. Ma è altrettanto risaputo che culturalmente e storicamente, il primo distillato che viene in mente in relazione alla fumata lenta è il rum.
Sull’accostamento tra sigari e rum esiste una tradizione conosciutissima. Del resto, dal momento che i rum e in particolare gli habanos provengono dalla stessa area geografica, si è giustamente portati ad accostarli nell’immediato. L’immaginazione va subito a Cuba e ad atmosfere letterarie firmate da Ernest Hemingway, ma anche alla semplice usanza popolare della popolazione caraibica di sedersi alla sera in compagnia, per bere rum e fumare un buon sigaro in nome del rilassamento e della convivialità.
Del resto, storicamente, molti produttori di sigari hanno anche fatto rum e, in ogni caso, nella cultura del palato propriamente caraibico, il bicchiere di rum e il sigaro sono una costante della consumazione anche popolare.
In genere, si dice sempre che l’accostamento con un distillato, e in particolare con rum o whisky, impone anzitutto che lo spirito in questione abbia una struttura e un corpo adeguati a quelli del sigaro.
Il presidente di “Maledetto Toscano” va però oltre questi discorsi troppo categorici e piuttosto semplicistici, e ribadisce: «Io rifuggo il termine “abbinamenti” anche perché il mio approccio è molto distintivo. Amo valutare caso per caso, bottiglia per bottiglia, esattamente come faccio con ogni sigaro. Non ho preconcetti e mi relaziono ogni volta a un sigaro diverso in rapporto a un bicchiere diverso».
A questo proposito, Fanticelli ci mette quindi in guardia da chi suggerisce - o peggio, impone - degli accostamenti troppo precisi: «Non amo dire “quel sigaro va con quella bottiglia”. Generalmente questi suggerimenti sono forzati, spesso anche per ragioni promozionali. Ogni bicchiere ha la propria dignità e, oltre alle preferenze personali di cui dicevo, c’è da considerare anche che nella vita ci sono banalmente delle fasi. Per esempio, io sono partito con i rum, per ragioni storiche e culturali, mentre ultimamente sono più interessato al mondo dei whisky e poi, adesso, mi piacciono molto per esempio anche i Calvados, pur se in Italia non se ne parla molto e non hanno grande circolazione, al momento».
E infatti, come a questo punto risulterà intuibile, Fanticelli ci fa notare che, oltre a vini e distillati, parlando di esaltazione della fumata lenta si possono considerare accostamenti decisamente meno immediati, come anche quelli con le birre artigianali: «Alcune sono meravigliose, definite come birre da divano o birre da meditazione».
Il suo potrebbe in apparenza sembrare un discorso vago, ma in realtà è vero il contrario, perché la vaghezza più autentica è quella di chi non tiene conto delle infinite varianti possibili per ogni singola degustazione, varianti che diventano numerosissime se si tiene conto che ogni prodotto messo nel bicchiere ha le sue varianti come ogni sigaro, e che accostarli fa esplodere queste varianti in modo esponenziale.
«Bisogna sempre tener presente che, quando parliamo di sigari, è un po’ come parlare di vino e vinificazione. Vanno considerate molte cose, l’anno di produzione, il processo di maturazione, la provenienza…»
Moltissimo dipende quindi non solo dal gusto personale o dalle diverse fasi di interesse che si susseguono nella vita, ma anche banalmente dallo stato d’animo del movimento.
«Così per esempio posso dire che io, personalmente, non amo i rum troppo dolci; preferisco gli agricoli di scuola francese, per stare alla distinzione tra rum più storica, quella cioè precedente alla classificazione di Luca Gargano; poi, da parte mia, ho ribadito più di una volta che con il sigaro non amo il vino bianco e il vino rosso. Invece varrebbe la pena di parlare di quel patrimonio meraviglioso che abbiamo in Italia che sono gli amari, gli infusi con macerazioni, per poi passare al mondo dei cocktail, dove pure è possibile spaziare all’infinito. È quindi ovvio che, parlando di distillati da bere insieme a un buon sigaro, possiamo fare letteralmente il giro del mondo!»
In conclusione potremmo dire che il primo e più grande suggerimento del presidente di “Maledetto Toscano” è quello di diffidare sempre da tutti i luoghi comuni. «Spesso anche i giornalisti “poetizzano” o raccontano un mondo con regole e percorsi più o meno obbligati, laddove invece io dico sempre che è bene essere molto eclettici. Quando ti dicono: “la strada che devi seguire è questa”, io rispondo che preferisco essere come Magellano e cercarmi la mia, di strada. Aprire nuove frontiere. È così che siamo arrivati per esempio a portare alle nostre degustazioni perfino il mezcal…».